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Cosa significa cambiare lavoro oggi

Cambiare lavoro oggi assume diverse sfumature di significato. La pandemia ha innescato molti cambiamenti che hanno investito in modo significativo il mercato del lavoro, generando in alcuni casi una perdita dei posti di lavoro e una crisi aziendale che ha portato le organizzazioni a porsi degli interrogativi. Allo stesso tempo, la pandemia ha creato una rottura degli schemi, andando a innescare una riflessione individuale rispetto al significato che assume il lavoro all’interno della vita di ognuno e quale bilanciamento tra vita lavorativa e vita privata è più adatto a ciascuno, ponendo l’attenzione su cosa si è disposti a “sacrificare” per il lavoro.

Dal 2020 quindi è stata registrata un’accelerazione di processi che hanno portato negli Stati Uniti al fenomeno delle Grandi Dimissioni (o Great Resignation), dove un gran numero di lavoratori ha scelto volontariamente di licenziarsi, segnalando uno stato di malessere nei confronti della propria situazione lavorativa per motivazioni anche molto differenti tra loro, che possono spaziare dall’insoddisfazione economica, alla voglia di seguire una vocazione professionale diversa o un diverso ritmo di vita, che veda un maggiore tempo libero affiancato al tempo dedicato al lavoro. Ma le motivazioni possono essere più complesse, legate alla percezione dell’incertezza e alla ricerca quindi di una maggiore soddisfazione, che possa quantomeno bilanciare l’incertezza presente (della propria azienda o più di tipo sociale).

In Italia, non è ancora chiaro quanto il fenomeno abbia avuto un reale impatto sul mondo del lavoro e quanto non sia presente solo nella narrazione mediatica e nella percezione di aziende e lavoratori.

Per la fascia di lavoratori più giovani alcuni segnali che vanno nella direzione delle Grandi Dimissioni potrebbero però essere stati lanciati: dall’HR Trends 2022 di Randstad emerge che nella fascia di lavoratori più giovani il fenomeno sembrerebbe in aumento. Infatti, il report evidenzia che il 44% delle aziende presenti in Italia intervistate nella survey ha registrato un aumento delle dimissioni negli ultimi 12-18 mesi e che nel 76% dei casi riguardano soprattutto la generazione dei Millennials.

Chiaramente il dato è solamente indicativo, essendo questo un fenomeno molto sfaccettato e da considerarsi in relazione alla struttura del mercato del lavoro italiano e dal contesto generale, ma nella cornice globale porta a chiedersi quali siano non solo le motivazioni che hanno spinto una fascia tanto larga di giovani a fare la scelta ma anche quale sia la progettualità professionale a cui si stanno affacciando.

L’elemento rilevante diventa infatti non tanto la scelta in sé ma la costruzione di una progettualità alternativa, affinché la motivazione al cambiamento non sia solo di tipo reattivo ma di tipo attivo e consapevole.

La percezione dell’insoddisfazione, al di là del motivo soggettivo che spinge ad abbandonare qualcosa in virtù di un miglioramento delle proprie condizioni personali e lavorative, può essere infatti una forte spinta all’azione, ma è ben diverso agire da reagire.

Agire significa infatti mettere in pratica una serie di comportamenti finalizzati, in questo caso, ad un cambiamento, ed è il momento finale di un processo di consapevolezza ed elaborazione, che in genere avviene nelle prime fasi di un processo di orientamento. Durante la fase della consapevolezza, infatti, ci si focalizza sulle motivazioni della persona, legate alla richiesta di orientamento e più in generale al cambiamento, sui bisogni, valori e significati legati al lavoro, così da costruire un’alternativa che sia valida e adatta alla persona in oggetto.

Reagire a uno stato di insoddisfazione legato al lavoro significa invece seguire un impulso più o meno consapevole di fare qualcosa per allontanarsi dalla condizione che genera insoddisfazione, con una visione spesso molto legata al breve termine, senza avere un piano alternativo sufficientemente chiaro o comunque non elaborato affinché se ne sia analizzata la sostenibilità e la fattibilità.

In questo senso, la consulenza di orientamento professionale intende accompagnare il cambiamento per evitare l’azione reattiva e costruire invece insieme al cliente un percorso di senso che porti la persona a costruire un’alternativa “su misura”, volta a trovare uno stato di soddisfazione, equilibrio e benessere più a lungo termine.

In un momento di festività e di “pausa” come quello delle festività natalizie, molte persone saranno propense a guardare all’anno che si sta concludendo e a iniziare a progettare il prossimo. Prendersi del tempo per sé e per costruire un 2023 di azioni, e non di reazioni, che portino ad un cambiamento professionale soddisfacente può essere un ottimo modo per farlo.

 

Ileana Moriconi

Consulente di orientamento professionale e Career Coach